Perché I SALARI SCENDONO NELL’ITALIA DEI MILLE CONTRATTI? ( prima parte)

Nella giornata del 18 dicembre 2021, nella sede del Nicolaus Hotel di Bari, si sono svolti i “lavori” del convegno intitolato «Salario Minimo Garantito. Atto di civiltà», che ha riscontrato molto successo di pubblico, promosso e organizzato dalla CONF.I.L., all’ indomani del via libera del Consiglio Ue all’avvio dei negoziati per l’introduzione del Salario Minimo Europeo.  

La dignità della retribuzione e del salario minimo per legge sono stati il fulcro del dibattito nazionale ed europeo sull’equo compenso del lavoratore e il focus del convegno organizzato dalla CONF.I.L.  Ospiti illustri presenti nel parterre del meeeting, portavoce delle istanze sindacali CONF.I.L. presso la sede del Ministero.

Negli ultimi 30 anni, secondo le analisi dettagliate OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), l’Italia è l’unico Paese che ha avuto una perdita dei salari reali medi stimati intorno al 3%. Il famoso passo del gambero, un indietreggiare che porta con sé  amare  considerazioni, un abisso rispetto agli altri Paesi.  Lasciando, per un attimo, le statistiche dei Paesi come Svezia e Danimarca, un fiore all’occhiello per innovazione e rispetto massimo della classe lavoratrice (più 63% Svezia; più 39% Danimarca), persino in quelli dell’Est Europa, i salari dei lavoratori dipendenti sono aumentati.  L’altro dato assai discutibile carico di “amarezza” emerge dalla bozza di direttiva europea sulla proposta di salario minimo. Nel testo, in questione, si legge che tali regole di “aumento” dovrebbero essere applicate maggiormente a quei Paesi che hanno una copertura contrattuale, cioè con un livello di salario definito dalla contrattazione collettiva nazionale del lavoro inferiore all’80%. In Italia, la copertura sovra- menzionata è oltre il 90% e se proprio vogliamo essere ancora pignoli e pedanti, dai dati ricavati dai flussi delle comunicazioni obbligatorie Uniemens, inviate all’Inps, i contratti coprono 12.527.049 dei lavoratori, quindi il 97%. Di fronte a tutto ciò, è legittimo chiedersi se l’impostazione contrattuale italiana, vista la scarsa evoluzione dei salari minimi e la non sufficiente protezione del potere d’acquisto del lavoro, possa continuare così…? Ovviamente è una interrogazione retorica che non necessita risposta o meglio la risposta è già insita (sarcasticamente parlando /scrivendo ) nella domanda! ( segue)

DURANTE ANNA MARIA CRISTINA