La Cassazione ha confermato che, chi lavora in nero al fine di ottenere o mantenere il reddito di cittadinanza; omette di dichiarare vincite con relative somme percepite; omette la detenzione di uno dei componenti del nucleo familiare, o utilizza dichiarazioni o documenti falsi attestanti cose non vere, è punibile con la reclusione da due a sei anni. Tali omissioni possono pure integrare, oltre ai reati di falsità in atti cioè reati contro la fede pubblica, anche il reato di truffa. Chi omette la comunicazione delle variazioni reddituali o del patrimonio, rilevanti ai fini della riduzione o revoca del beneficio, modifiche verificatesi successivamente alla presentazione della domanda RdC, è punito con la reclusione da uno a tre anni. Le ipotesi sovra – citate possono concorrere con il reato di truffa ove sia accertato l’intento fraudolento cioè la presenza di raggiri ed artifizi preordinati al fine dell’ottenimento o conservazione del RdC. In più, in recenti pronunce, la Cassazione ha messo in luce il reato di estorsione nei confronti del coniuge intestatario del RdC, qualora quest’ultimo venga minacciato dall’altro intimando a consegnargli il denaro prelavato dalla Carta RdC. L’uso “illegittimo” della Carta, porta al sequestro preventivo della suddetta, al fine di aggravare o protrarre le conseguenze di uno o più reati.
DURANTE ANNA MARIA CRISTINA