L’integrazione al trattamento minimo è un istituto introdotto dall’articolo 6 della Legge 638/1983 che tutelava i pensionati, al di sotto di un determinato livello di reddito, il cui assegno pensionistico non fosse sufficiente a garantire una vita dignitosa. La Legge 335 del 8 agosto 1995 nasce per definire i nuovi criteri di calcolo dei trattamenti pensionistici, attraverso la commisurazione dei trattamenti alla contribuzione, ma, di fatto, ha eliminato il diritto alla integrazione al minimo. Facciamo un esempio. Un lavoratore del mondo privato, che ha iniziato a lavorare dopo il 1995, con circa 18 anni di lavoro, è costretto a smettere di lavorare, per motivi di salute: gli viene riconosciuta una pensione a calcolo di circa 300,00€ al mese; per effetto della nuova Legge non ha diritto alla differenza economica di 215,00€ prevista in precedenza. Il paradosso diventa “farsa” in caso di morte del pensionato: al coniuge superstite viene riconosciuta una pensione di 180,00€ al mese, senza alcuna integrazione al minimo e senza alcun rispetto della dignità sociale. La presente Legge ha disatteso la tutela prevista dagli articoli 3 e 38 della Costituzione, non garantendo prestazioni previdenziali che assicurino ai pensionati «mezzi adeguati alle loro esigenze di vita»
Durante A. M. Cristina