Una sentenza che tutela il diritto di difesa: conta l’invio, non la ricezione.

Nel mondo del diritto del lavoro, ogni dettaglio può fare la differenza. E la Cassazione, con l’ordinanza n. 2066 del 29 gennaio 2025, ha appena chiarito un principio fondamentale: il termine di 5 giorni, per la difesa disciplinare del lavoratore, non si riferisce alla ricezione da parte del datore di lavoro delle giustificazioni del lavoratore ma alla spedizione, all’invio. Un dettaglio? No! Una sentenza che potrebbe cambiare le sorti di molti casi disciplinari e rimettere in discussione licenziamenti già avvenuti. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Il caso concreto: un licenziamento disciplinare ma una difesa non considerata. Un lavoratore viene licenziato per aver eseguito manovre imprudenti, con un mezzo aziendale, causando danni materiali. Decide di impugnare il licenziamento in tribunale, sostenendo che le sue difese, pur inviate nei termini previsti, erano state ricevute in ritardo dal datore di lavoro. La Corte d’Appello, però, respinge il suo ricorso.  Tralasciando, per un attimo, il giustificato motivo oggettivo (l’imprudenza del lavoratore) che tratteremo in separato luogo, la Cassazione ha visto la questione sotto una luce diversa.

L’art. 7 della Legge 300/1970 (lo Statuto dei Lavoratori) prevede un iter ben preciso quando un’azienda intende sanzionare un dipendente:

  1. Comunicazione → il datore di lavoro deve comunicare, in forma scritta, al dipendente le accuse in modo chiaro. Esempio: danno per colpa effettiva del lavoratore per violazione di regole basilari di prudenza ed attenzione e non per fatti accidentali o esterni o che, per quelle attività, doveva essere sorvegliato da un superiore, etc.
  2. 5 giorni di tempo →il lavoratore può inviare la propria giustificazione in maniera chiara e scritta entro questo termine ovviamente a seguito della comunicazione scritta del datore di lavoro nella quale viene esplicitata, per esempio, grave imprudenza della mansione affidata.
  3. Nessuna sanzione anticipata →il datore non può procedere prima della scadenza dei 5 giorni per la difesa del lavoratore.

Ma i 5 giorni si riferiscono alla data di ricezione o alla data di invio delle giustificazioni? E qui entra in gioco la recente sentenza della Cassazione. Il verdetto della Cassazione: conta l’invio, non la ricezione! La Suprema Corte ha chiarito che l’interpretazione corretta dell’art. 7 è la seguente: il lavoratore rispetta il termine di 5 giorni se le sue giustificazioni vengono inviate entro questo tempo, indipendentemente da quando vengono ricevute dal datore di lavoro.  Perché questa interpretazione? La norma tutela il diritto di difesa del lavoratore. Non si può far dipendere il diritto di difesa da eventuali ritardi nella ricezione da parte dell’azienda. Il principio di certezza del diritto impone di far riferimento a un elemento oggettivo e documentabile: la data di invio.   

Cosa cambia per aziende e lavoratori? Questa sentenza ha un impatto concreto sulle procedure disciplinari e sulle strategie difensive in ambito lavorativo.

I datori di lavoro devono controllare le date di spedizione, non solo quelle di ricezione, altrimenti rischiano di vedersi annullare un licenziamento se non considerano una difesa inviata nei termini; devono evitare sanzioni disciplinari prima della scadenza effettiva dei termini.

Per i lavoratori: l’invio delle giustificazioni sempre entro 5 giorni; devono conservare prova dell’invio, per esempio pec o raccomandata, e possono impugnare un licenziamento, se il datore di lavoro non ha considerato la difesa (legittima) perché ne è venuto a conoscenza dopo i termini di legge.

DURANTE A.M. CRISTINA