Dimissioni giusta causa del lavoratore, preavviso sì o no?
Le dimissioni per giusta causa rappresentano una delle fattispecie più delicate del diritto del lavoro italiano. Questo istituto, previsto dall’articolo 2119 del Codice Civile, permette al lavoratore di interrompere il rapporto di lavoro a causa di un comportamento gravemente inadempiente del datore di lavoro.
La giusta causa di dimissioni si verifica quando vi è un grave inadempimento del datore di lavoro tale da non consentire la prosecuzione, nemmeno temporanea, del rapporto di lavoro. A differenza delle dimissioni ordinarie, che richiedono un periodo di preavviso, le dimissioni per giusta causa permettono al lavoratore di lasciare immediatamente il posto di lavoro, mantenendo comunque il diritto a determinate indennità, come l’indennità di preavviso e il trattamento di fine rapporto (TFR).
Qual è la differenza tra dimissioni ordinarie e dimissioni per giusta causa?
Le dimissioni ordinarie sono una scelta unilaterale del lavoratore, che decide di interrompere il rapporto di lavoro per motivi personali o professionali, mentre le dimissioni del lavoratore per giusta causa derivano da una situazione di grave colpa del datore di lavoro. Nelle dimissioni ordinarie, il lavoratore è tenuto a rispettare un preavviso, mentre nelle dimissioni per giusta causa il lavoratore è esonerato da tale obbligo.
Le basi giuridiche delle dimissioni per giusta causa trovano fondamento nell’articolo 2119 del Codice Civile, il quale prevede che, in presenza di una giusta causa, entrambe le parti possono recedere dal contratto di lavoro senza preavviso. In questi casi, il lavoratore ha diritto al TFR, e in alcuni casi, all’indennità di disoccupazione (Naspi), purché rispetti le formalità previste dalla legge.
Non esiste un elenco tassativo delle situazioni che giustificano le dimissioni per giusta causa, ma la giurisprudenza ha individuato alcune fattispecie ricorrenti. Vediamo alcune delle più comuni:
- Mancato pagamento dello stipendio: il mancato pagamento o, meglio il ritardo reiterato nel pagamento della retribuzione, costituisce una delle cause più frequenti per cui un lavoratore può dimettersi per giusta causa. Il pagamento regolare della retribuzione è un obbligo essenziale del datore di lavoro. Quando questo obbligo viene violato, il lavoratore ha il diritto di risolvere immediatamente il rapporto di lavoro. Ovviamente ci sono casi e casi. Uno degli aspetti più controversi in tema di dimissioni per giusta causa è proprio il numero di mensilità non pagate. La legge non fornisce un numero esatto di stipendi non versati. Nonostante ciò, l’Inps adotta una posizione restrittiva quando si tratta di riconoscere la giusta causa richiedendo che il datore di lavoro non abbia pagato almeno tre mensilità. Questo requisito non è supportato dalla giurisprudenza in materia normativa lavoristica nello specifico, e nonostante le contestazioni dei sindacati e degli avvocati lavoristi, si porta avanti un ulteriore danneggiamento del lavoratore per far valere i propri diritti.
- Mobbing: il mobbing si verifica quando il lavoratore è sottoposto a una serie di comportamenti vessatori e persecutori sul luogo di lavoro, tali da ledere la sua dignità personale e professionale. In presenza di mobbing, il lavoratore può dimettersi per giusta causa e ottenere il risarcimento dei danni subiti. Sempre con l’onere della prova alla mano. Non basta una discussione futile!
- Modifiche sostanziali delle mansioni: un altro esempio di giusta causa è rappresentato dalle modifiche unilaterali da parte del datore di lavoro delle mansioni assegnate al lavoratore, specialmente quando queste sono dequalificanti. La legge stabilisce che il lavoratore non può essere assegnato a mansioni inferiori rispetto a quelle concordate, salvo in casi particolari.
- Violazione delle norme di sicurezza sul lavoro: la sicurezza sul lavoro è un diritto fondamentale del lavoratore. Se il datore di lavoro non garantisce un ambiente di lavoro sicuro, mettendo a rischio la salute e la vita del lavoratore, questo può costituire una giusta causa di dimissioni.
- Comportamenti offensivi o discriminatori: anche comportamenti discriminatori, offensivi o violenti da parte del datore di lavoro o dei colleghi superiori possono costituire una giusta causa per le dimissioni. Ad esempio, molestie sessuali o episodi di razzismo possono giustificare l’interruzione immediata del rapporto di lavoro.
Perché le dimissioni per giusta causa siano valide, il lavoratore deve seguire una specifica procedura. Ecco i passaggi principali da rispettare.
- Comunicazione telematica delle dimissioni. Dal 12 marzo 2016, le dimissioni devono essere presentate attraverso una procedura telematica. Il lavoratore deve compilare un modulo online tramite il portale Cliclavoro, oppure rivolgersi a un patronato o a un consulente del lavoro che possa inviare la comunicazione per suo conto. La procedura telematica è obbligatoria e serve a tutelare il lavoratore da eventuali dimissioni “in bianco”.
- Lettera di dimissioni per giusta causa. Anche se la procedura telematica è obbligatoria, è buona prassi inviare al datore di lavoro una lettera di dimissioni per giusta causa, in cui si espongono le motivazioni dettagliate che hanno portato alla risoluzione del contratto. Nella lettera, il lavoratore deve spiegare chiaramente i motivi delle dimissioni e richiedere le eventuali spettanze (TFR, indennità di preavviso).
- Accertamento della giusta causa. Nel caso in cui il datore di lavoro contesti la giusta causa delle dimissioni, potrebbe essere necessario un accertamento giudiziale. In questo caso, sarà il giudice del lavoro a stabilire se il comportamento del datore di lavoro è stato tale da giustificare le dimissioni senza preavviso. Durante il giudizio, il lavoratore dovrà fornire prove concrete dell’inadempimento del datore di lavoro.
Il lavoratore che si dimette per giusta causa ha diritto a:
- TFR (Trattamento di Fine Rapporto): l’azienda è tenuta a corrispondere il TFR anche in caso di dimissioni per giusta causa.
- Indennità di preavviso: nonostante l’assenza del preavviso, il lavoratore ha diritto a ricevere l’indennità di preavviso.
- NASpI: in determinate circostanze, il lavoratore può accedere all’indennità di disoccupazione NASpI, purché la giusta causa venga riconosciuta (l’onere della prova e/o senza contestazione da parte del datore di lavoro o in sede giudiziale o attraverso conciliazione).
Cristina A.M. Durante